Sino alla legge n. 220 del 2012 (la c.d. Riforma del Condominio) la legge non poneva particolari obblighi di tenuta della contabilità in capo all’amministratore. In particolare, secondo i Giudici chiamati a pronunciarsi sul punto, non era necessario che la contabilità fosse tenuta dall’amministratore con rigorose forme analoghe a quelle previste per i bilanci delle società, essendo invece sufficiente che essa fosse idonea a rendere intellegibile ai condomini le voci di entrata e di spesa, con le quote di ripartizione; né di richiedeva che queste voci fossero trascritte nel verbale assembleare, ovvero fossero oggetto di analitico dibattito ed esame. Rientrava, infatti, nel poteri dell’assemblea la facoltà di procedere sinteticamente all’approvazione, prestando fede ai dati forniti dall’amministratore alla tregua della documentazione giustificativa.
La Riforma in vigore dal 18 giugno, invece, dispone che l’amministratore debba redigere il rendiconto annuale della gestione e convocare l’assemblea per la relativa approvazione entro 180 giorni. Tale rendiconto deve contenere una serie di specifiche voci contabili indispensabili alla ricostruzione e controllo della gestione dell’amministratore da parte di ogni condomino. Elementi imprescindibili del rendiconto sono il registro di contabilità, il riepilogo finanziario ed una sintetica relazione accompagnatoria, esplicativa della gestione annuale. L’assemblea, che delibera sul rendiconto a maggioranza degli intervenuti e con la maggioranza dei millesimi, può inoltre nominare a fini consultivi e di controllo contabile un consiglio di condominio composto da almeno tre condomini negli edifici di almeno dodici unità.