Sempre più spesso i contenziosi, a seguito della separazione ed il divorzio, afferiscono il mantenimento dei figli ormai divenuti maggiorenni.
Negli ultimi anni, infatti, si è assistito al prolungamento della durata del dovere sociale di mantenimento dei figli a causa di molti mutamenti sociali, familiari, economici. Spesso, quindi, i genitori si domandano in concreto quali siano (e se ci siano) dei limiti a tale mantenimento.
Oggi cercheremo di rispondere alle seguenti domande:
“fino a quando sussiste in capo ai genitori il dovere di contribuire al mantenimento dei figli maggiorenni?” ed ancora “se al figlio maggiorenne scede il contratto di apprendistato, il genitore deve riprendere a mantenerlo?” ed infine “il genitore obbligato al versamento ha diritto alla restituzione dell’indebito pagato dopo che i figli hanno conseguito l’autosufficienza economica?”.
Ma andiamo con ordine.
L’obbligo dei genitori di concorrere tra loro, secondo le regole dell’art.148 c.c. al mantenimento dei figli, non cessa automaticamente con il raggiungimento della maggiore età ma resta immutato finché il genitore interessato non provi che il figlio ha raggiunto l’indipendenza economica (o sia stato avviato ad un’attività lavorativa con concreta prospettiva di indipendenza economica).
A questi fini, la mera prestazione di lavoro da parte del figlio/a occupato come apprendista non è di per sé sufficiente per dimostrarne la totale autosufficienza economica, atteso che “il complessivo contenuto dello speciale rapporto di apprendistato (caratterizzato dall’obbligo di istruzione professionale a carico dell’imprenditore, L. 19 gennaio 1955, n. 25 ex art. 1 lettera a, nonché della riduzione del tempo di lavoro per effetto della riserva di ore destinate all’insegnamento complementare) ( ….) si distingue sotto vari profili, anche retributivi, da quello degli ordinari rapporti di lavoro subordinato (…)” (Cassazione del 11/01/2007 n 407).
La succitata pronuncia conferma per l’ennesima volta il consolidato orientamento giurisprudenziale in materia di mantenimento del figlio apprendista (Cassazione n 2670/1998, Cass. 4616/1998, Cass. 9109/1999, Cass. 4762/2002, Cass. 8221/2006, Cass. n. 8227/2009, oltre, ancora alle pronunce di merito Corte d’Appello di Roma sentenza n. 6080/2016, Tribunale di Novara del 31/05/2012, Tribunale di Salerno 10/11/2009).
Si è pertanto escluso, da parte della giurisprudenza di legittimità, che possa rilevare ai fini della cessazione dell’obbligo di mantenimento lo svolgimento da parte del figlio/a di un’attività di apprendistato.
In altre parole, non tutti gli impieghi lavorativi sono idonei a ritenere autosufficiente il figlio: l’indipendenza economica, infatti, si realizza nel momento in cui il soggetto svolge un’attività lavorativa remunerata che gli consenta un tenore di vita dignitoso, con prospettive concrete, con un reddito corrispondente alla professione acquisita, anche in relazione alla propria formazione.
Fino a che tale autonomia, non solo patrimoniale, non è raggiunta, l’obbligo di mantenimento spetta ai genitori e presupposto essenziale della persistenza dell’obbligo di mantenimento nei riguardi dei figli maggiorenni è, quindi, la mancanza della capacità di autosostenersi, mentre qualora tali redditi siano solo parzialmente bastevoli, l’obbligo in capo ai genitori permane.
L’espletamento, in particolare e come nel caso di specie, di un lavoro precario e limitato nel tempo non è di per sé sufficiente per esonerare il genitore dall’obbligo di mantenimento, non potendosi, in tal caso, affermare che si sia raggiunta un’indipendenza economica, la quale richiede, appunto una prospettiva concreta di continuità.
Si tenga inoltre in debita considerazione che la giurisprudenza è altresì ferma nel negare il c.d. mantenimento da ritorno, escludendo in via categorica la possibilità per il figlio maggiorenne che abbia raggiunto l’autosufficienza economica di potere vedere risorgere il proprio diritto al mantenimento nel caso di un vengano meno i presupposti della sua indipendenza (come ad esempio a causa della perdita del posto di lavoro).
Concludendo, giova ripeterlo, rapporto di lavoro che presenta una disciplina speciale (caratterizzata dall’obbligo di istruzione professionale a carico dell’imprenditore, nonché di riduzione del tempo di lavoro per effetto della riserva di ore destinate all’insegnamento complementare) differendo, pertanto, dagli ordinari rapporti di lavoro subordinato sotto diversi profili, come quello retributivo e della durata, che non può essere superiore al triennio, salvo una eventuale successiva trasformazione in contatto a tempo indeterminato.
In tema, poi, di ripetibilità degli assegni di mantenimento corrisposti nei confronti dei figlio maggiorenne che abbia raggiunto l’indipendenza economica, il carattere sostanzialmente alimentare dell’assegno di mantenimento a favore del figlio minore o maggiorenne non autosufficiente comporterebbe, secondo la giurisprudenza di legittimità prevalente (cfr. ex multis Cass. 10/12/2008 n° 28987; Cass. 20/07/2015 n° 15186; Cass. 04/07/2016 n° 13609) che “la normale retroattività della statuizione giudiziale di riduzione al momento della domanda vada contemperata con i principi di irripetibilità, impignorabilità e non compensabilitàdi dette prestazione, con la conseguenza che la parte che abbia già ricevuto le prestazioni previste nella sentenza di separazione non può essere costretta a restituirle, né può vedersi opporre in compensazione, per qualsivoglia ragione di credito, quanto ricevuto a tale titolo, mentre ove il soggetto obbligato non abbia ancora corrisposto le somme dovute, per tutti i periodi pregressi, tali prestazioni non sono più dovute in base al provvedimento di modificazione delle condizioni di separazione” (così testualmente Cass. 13609/2016 già citata).
In tal senso vedasi anche Cass. 04/12/2012 n° 21655 secondo cui “la irripetibilità del contributo di mantenimento versato da un coniuge all’altro, allorché il Tribunale neghi il diritto del coniuge al mantenimento della prole, ovvero riduca la misura dell’assegno, si giustifica in ragione della natura solidaristica ed assistenziale dell’assegno, ontologicamente destinato ad assicurare i mezzi adeguati al sostentamento del beneficiario”.
In controtendenza al ricordato maggioritario orientamento della Corte Regolatrice, appare declinare la decisione della stessa S.C. n° 11489 pubblicata il 23/05/2014 in un caso in cui la moglie, la quale aveva beneficiato dall’ex marito di un assegno di mantenimento per le due figlie che avevano raggiunto l’indipendenza economica, si è vista costretta a restituire le somme versate in eccedenza a seguito di un giudizio di revisione dell’assegno di mantenimento introdotto dall’ex marito.